La disciplina normativa del contratto di lavoro intermittente (o “a chiamata” o anche “job on call”) è contenuta nel Decreto Legislativo di riordino delle tipologie contrattuali (D.lgs. 81/2015).
Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, che può essere a tempo determinato o indeterminato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro per svolgere attività lavorative discontinue o intermittenti (o “a chiamata”).
Il contratto può essere stipulato:
- “secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi” o “in mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali”.
- soltanto con soggetti con più di 55 annidi età e con soggetti con meno di 24 anni di età.
- per un periodo complessivamente non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni solari (ad eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo).
Il contratto può o meno prevedere l’obbligo da parte del lavoratore di rispondere alla chiamata del datore: nel caso in cui detto obbligo sia previsto, il lavoratore ha diritto a percepire una indennità di disponibilità per i periodi di inattività, ossia per i periodi tra una chiamata e un’altra.
Sono previsti dalla normativa alcuni divieti. In particolare è vietato ricorrere al lavoro intermittente per:
- i rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione
- per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero
- per le le unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente o per le unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni
- datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Il settore dello spettacolo, a causa delle esigenze di flessibilità che lo caratterizzano, ben si presta alla stipula di contratti di lavoro intermittente.
In aggiunta al caso di un’apposita previsione della contrattazione collettiva, è possibile utilizzare il contratto di lavoro intermittente nel settore dello spettacolo solo in relazione ad attività espletate da un elenco di soggetti individuati nel punto 43 della tabella allegata al R.D. n. 2657/1923: “gli artisti dipendenti da imprese teatrali, cinematografiche e televisive; gli operai addetti agli spettacoli teatrali, cinematografici e televisivi; i cineoperatori, cameramen-recording o teleoperatori da ripresa, i fotografi e gli intervistatori occupati in imprese dello spettacolo in genere ed in campo documentario, anche per fini didattici”.
Il tetto massimo, previsto dal D.L. 81/2015, delle 400 giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni solari non non si applica nei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.
L’eccezione riguarda, come precisato dalla Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, i datori di lavoro:
- iscritti alla Camera di Commercio con il codice attività ATECO 2007 corrispondente ai citati settori produttivi
- che svolgono attività proprie del settore turismo, pubblici esercizi e spettacolo applicando i relativi contratti collettivi